giovedì 23 dicembre 2010

Presentazioni del ibro "Una vita da supplente" in Sicilia

Presentazione del libro in Sicilia, con l’autore - Gennaio 2011


A Enna il 4 gennaio 2011, ore 18, presso il Caffè letterario Al Kenisa, via Roma, 481
A Messina il 5 gennaio 2011, ore 18


Il Cip, Comitato insegnanti precari di Messina

invita alla presentazione del libro

“Una vita da supplente. Lo sfruttamento del lavoro precario nella scuola pubblica italiana”

di Vincenzo Brancatisano (Nuovi Mondi Ed.)


Mercoledi 5 gennaio 2011 ore 18
Presso l’Associazione Puerto de Buenos Aires,
via Castellammare n. 6 - Messina

Presenterà l’autore il giornalista Giovanni Saija Bisazza di Radio Messina International


Una forma di sfruttamento e di discriminazione si sta perpetuando nella scuola pubblica. E’ la tesi dell’ultimo libro di Vincenzo Brancatisano, «Una vita da supplente. Lo sfruttamento del lavoro precario nella scuola pubblica italiana» (Nuovi Mondi editore) che si appresta a diventare il manifesto dei precari: è un lungo viaggio in un precariato estremo, che sarebbe ritenuto riprovevole e deprecabile se fosse riferito al mercato del lavoro privato.

Centinaia di migliaia di insegnanti precari, è la tesi del volume, vengono spremuti e mal pagati da un datore di lavoro, lo Stato, che scrive leggi contro lo sfruttamento e la violazione dei diritti. Vincenzo Brancatisano - docente e giornalista - fa emergere una realtà italiana allarmante: migliaia di lavoratori vengono assunti e cacciati via da scuola anche decine di volte nell’arco di un’intera carriera lavorativa e cambiano ogni anno classi, sedi e colleghi con grave danno per intere generazioni di studenti che, a loro volta, non capiscono il motivo del dissennato valzer di professori cui sono costretti ad assistere in continuazione.

In un clima di vero e proprio “mobbing istituzionalizzato”, i precari sono perennemente umiliati da leggi illogiche e da graduatorie assurde dove non contano il merito e la bravura di chi è chiamato a insegnare, ma criteri mortificanti quale, tra gli altri, la partecipazione a costosissimi corsi per corrispondenza (dalla dubbia attendibilità); l’avere insegnato in sedi situate sopra i seicento metri sul livello del mare consente addirittura di raddoppiare il punteggio di servizio.

L’incredibile babele di discriminazioni con i docenti di ruolo si appalesa attraverso la lettura attenta del contratto collettivo della scuola firmato dai sindacati i quali hanno sempre evitato di fornire agli iscritti le informazioni necessarie per prendere coscienza degli strumenti che, pure, la legge prevede sia a tutela sia a compensazione degli abusi subiti. La disparità passa attraverso diversi e impensabili aspetti della vita lavorativa. Si va da quelli più severi a quelli (apparentemente) futili: si pensi ai permessi per lutto familiare, laddove ai docenti di ruolo spettano tre giorni per ogni evento mentre ai docenti precari spettano tre giorni in totale: scegliere se partecipare ai funerali del padre o a quelli della madre non è un’esperienza augurabile ma i sindacati d’accordo con la controparte, sono riusciti a consacrare anche questa odiosa differenza. E che dire dell’accesso al credito agevolato presso l’ente previdenziale? Ai docenti di ruolo è permesso un credito agevolato per l’acquisto della casa attraverso il Fondo Credito, finanziato con i soldi prelevati forzosamente nella busta paga degli iscritti, di ruolo e precari, come emerge dal cedolino dello stipendio. Ma se un precario chiedesse anche cento euro di prestito si vedrebbe rigettata la domanda perché lavoratore a tempo determinato. In sostanza, il precario finanzia la prima e anche la seconda casa del proprio collega di ruolo, nonché a tutte le iniziative sociali dell’ente, ma egli stesso non potrà accedervi né evitare di pagare per gli altri. E ancora, il precario della scuola non ha il diritto di candidarsi nelle Rsu, può solo votare e si potrebbe continuare all’infinito.

Ma è sullo stipendio che si concentrano le maggiori violazioni del Principio di non discriminazione consacrato nella clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE diretta a prevenire gli abusi dei contratti a termine, recepita in Italia dall’art. 6 del D.Lgs. 368/2001. Lo Stato mantiene in un precariato annuale perenne 140.000 docenti e 100.000 non docenti. Da un lato ci rimette, visto che paga loro una serie di indennità per disoccupazione estiva e mancata fruizione delle ferie e tfr anticipato. Ma specula sulla mancata progressione di carriera e di stipendio. Anche dopo decenni di rapporti a termine i precari della scuola, docenti e non docenti, percepiscono stipendi di prima nomina a differenza dei colleghi di ruolo che (com’è successo nei giorni scorsi con l’ultimo scatto stipendiale) vedono periodicamente incrementare lo stipendio. È questo il movente. Ed è proprio questo il punto. La domanda è: come mai in tutti questi anni i sindacati hanno accettato la discriminazione, consentendo alla contrattazione collettiva di escludere la progressione di stipendio ai precari?

La verità è che la magistratura ordinaria, seguendo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, sta dando ragione ai precari che hanno fatto causa adducendo l’illegalità della discriminazione da ultimo descritta. La Corte di Giustizia delle Comunità Europee di Lussemburgo ha fatto proprio con sentenze importanti il principio di non discriminazione. A queste sentenze si sono ispirati decine di giudici italiani, da Livorno a Orvieto, da Roma a Treviso, a Siena, a Tivoli, a Brescia, dal Nord al Sud, in un percorso tracciato con efficacia nelle pagine del libro, che ha già aiutato molti a percorrere la via giudiziaria. I giudici, disapplicando quasi con sdegno i contratti collettivi che danneggiano i precari della scuola, hanno condannato a ripetizione il Ministero dell’Istruzione riconoscendo, a seconda delle richieste degli avvocati dei ricorrenti: a) gli scatti di anzianità e di stipendio; la conversione del rapporto da determinato a indeterminato; il risarcimento dei danni. Quest’ultimo è previsto esplicitamente dalla legge italiana – senza che gli interessati lo abbiano mai appreso dai propri sindacati – quale compensazione della mancata conversione in rapporto a tempo indeterminato, compensazione imposta dalla normativa comunitaria che in questo modo intende prevenire gli abusi anche nel settore pubblico dove i sindacati tendono a far credere che i diritti siano meno tutelati rispetto al settore privato, in materia di conversione automatica del rapporto. “Si tratta di un presunto diritto”, continua a ripetere la Cisl scuola in merito agli scatti di anzianità dei precari, noncurante del fatto che le sentenze favorevoli sono ormai un fiume in piena. Al danno si unisce la beffa, poiché si tratta di diritti che si prescrivono per inerzia.

Quanto al risarcimento del danno, una precaria della scuola ha ottenuto dal Tribunale di Orvieto un risarcimento di 45.000 euro per i suoi 9 anni di precariato abusivo. Peraltro, un ipotetico riconoscimento massivo dei diritti in questione farebbe venir meno il movente per il quale lo Stato datore di lavoro mantiene nel precariato i dipendenti della sua scuola. Un precariato che non paga sul piano dei diritti dei lavoratori e nemmeno su quello dell’efficacia dell’offerta formativa.

“Ma attenzione, c’è una trappola!”, annuncia Brancatisano. Il 22 gennaio 2011 scadono i termini per adire le vie giudiziarie, poiché il recente decreto collegato lavoro approvato dal governo Berlusconi ha ristretto (sul piano temporale e su quello quantitativo) il campo di percorribilità dell’azione giudiziaria per il risarcimento dei precari. “Per questo chi è dentro, a quella data, è dentro, chi è fuori sarà ulteriormente danneggiato”. Ed è singolare che i sindacati solo negli ultimi giorni stiano informando i propri iscritti su un diritto che i precari rischiano di perdere per colpevole inerzia di chi fa finta di difenderli scegliendo invece di difendere i lavoratori già protetti, cioè quelli di ruolo. Peraltro, se, per protestare, i precari salgono sui tetti, preferendo questa scelta quasi estrema alla più tradizionale occupazione di piazze e cortei, vorrà pur dire qualcosa - scrive Brancatisano nel libro - La situazione ormai esplosiva del precariato scolastico deve farci riflettere sulle responsabilità dei sindacati della scuola, fosse solo per mettere in luce l’inefficacia della loro azione”. Brancatisano - già autore, fra l’altro, di quattro libri su Luigi Di Bella, il fisiologo di origini siciliane ideatore della discussa terapia contro il cancro - rintraccia i motivi storici e le responsabilità politiche che hanno prodotto la realtà attuale: non solo quelle dello Stato, ma anche quelle dei sindacati. Che campano spesso sulla pelle proprio dei precari, come denuncia un inquietante e documentato capitolo del libro.

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