venerdì 30 aprile 2010
mercoledì 28 aprile 2010
martedì 27 aprile 2010
Vincenzo Brancatisano a Rai News 24
Vincenzo Brancatisano in diretta a RAI NEWS 24, ieri pomeriggio alle 16.30, intervistato negli studi di Saxa Rubra a Roma da Vania De Luca sul libro "Una vita da supplente"
Il filmato con l'intervista a Rai News 24
lunedì 26 aprile 2010
Vincenzo Brancatisano su Radio2
Vincenzo Brancatisano con il libro "Una vita da supplente" su Radio2 il 28 aprile 2010, ore 5,40. Intervistato da John Vignola a Twilight.
Vincenzo Brancatisano porta i precari della scuola a RAI Radio 2 e a RAI NEWS 24. Cresce l'interesse nazionale per il il libro "Una vita da supplente" edito da Nuovi Mondi. Il libro ha il pregio di essere riuscito a squarciare la coltre di silenzio che regna sovrana da sempre sul Mondo a Parte dei professori a tempo determinato, vessati e mal pagati da un datore di lavoro, lo Stato, che pure si arroga il compito di scrivere leggi contro lo sfruttamento del lavoro e l'abuso dei contratti a termine. Un plauso a John Vignola, conduttore della mitica trasmissione Twilight in onda tutte le mattine su Radio 2, per avere affrontato la questione con intelligenza e senza i soliti pregiudizi diffusi nel mondo dell'informazione. In studio un'altra precaria. A dieci anni dalla morte, si torna a parlare di Giorgio Bassani. E Twilight lo fa con una giovane scrittrice, Marilena Renda, docente precaria e autrice del libro: "Bassani, Giorgio", edito da Gaffi.
ASCOLTA LA PUNTATA DEL 28 APRILE 2010 CLICCANDO QUI
Il sito della trasmissione
domenica 25 aprile 2010
Brani tratti dal libro "Una vita da supplente" di Vincenzo Brancatisano
Nuovi Mondi, 2010
Non cambierà, non cambierà
Sì, che cambierà, vedrai che cambierà
Se avremo ancora un po’ da vivere
La primavera intanto tarda ad arrivare
[Franco Battiato – Povera Patria]
Precari di classe
Durante un consiglio di classe. «Alzi la mano chi è precario».
«Eh?
«Sì, sì, m’è venuta un’idea straordinaria, non ci aveva pensato nessuno».
«Ma che sta dicendo il collega?»
«Ripeto, alzi la mano chi è precario»
Quella di scienze: «Dai, muoviamoci, abbiamo altri consigli a seguire e la mia baby sitter si piglia dieci euro l’ora».
Quella di matematica: «Fuori ci sono i rappresentanti dei genitori che aspettano, non è corretto farli attendere. Coordinatrice, procedi con il primo punto».
Entra la preside. «Ricordo al docente segretario di verbalizzare che presiedo io, non sbagli come sempre. A che punto siete qui?»
«Avremmo iniziato ma il collega vuole fare la conta».
«Quale conta, professore?»
«Mi era sorto il dubbio che quasi nessuno dei docenti di questo consiglio sarà qui il prossimo anno. Secondo me siamo tutti precari. Oltre a lei, aggiungo con tutto il rispetto».
«Professore non facciamo polemiche, questo è un consiglio di classe»
«Preside mi scusi, è proprio questo il punto».
«Che non è all’ordine del giorno».
«In realtà leggo nel primo punto all’ordine del giorno che dovremmo discutere dell’aderenza dei nostri programmi e del nostro intervento educativo alle linee del Pof, il piano dell’offerta formativa appena approvato dal collegio dei docenti».
«E allora? Il Pof è una cosa seria, con il Pof ci presentiamo alle famiglie, non perdiamo altro tempo».
«Ma se siamo tutti precari, e il prossimo anno nessuno di noi avrà la certezza di essere qui ,che senso ha il Pof per i nostri alunni?»
«Professore, nell’aula insegnanti c’è una bacheca sindacale. Ecco, vada ad appiccicare là le sue lamentele».
«Ma ai sindacati secondo lei importa molto dell’offerta formativa?»
Quello di Religione: «Uff! Vogliamo andare avanti? Preside, ho diciotto classi».
«E t’hanno pure dato gli scatti di anzianità, accidenti allo Stato laico».
Quella di Educazione fisica: «Magari avresti dovuto parlare di queste cose nel collegio docenti, non qui».
«Mi è stato vietato perché non era all’ordine del giorno, bisognava approvare il Pof, e nessuno ha accettato di discutere dei problemi della scuola italiana».
«Professore, non era quella la sede. Ci sono tanti convegni dove può interevenire. La richiamo all’ordine».
Durante il consiglio, sottovoce, mentre la coordinatrice consegna varie copie del Pof ai rappresentanti dei genitori: «Vabbè, se vi va, scrivete “precario” o “di ruolo” accanto a questa copia dell’elenco dei presenti, poi me la riprendo». Fine del Consiglio. Risultato del sondaggio: dodici insegnanti presenti, dieci risultano assunti con incarico annuale, compresi la coordinatrice di classe, al suo ventesimo contratto annuale, l’insegnante di sotegno, il prof di Religione e il docente verbalista che continua a chiedersi: “devo verbalizzare quello che ha detto il collega?”.Solo due sono di ruolo. La preside non è incaricata annuale, a differenza dei tanti professori incaricati di dirigere gli istituti e che transumano periodicamente da un ordine di scuola all’altro. Pure i bidelli sono in massa precari e con loro anche alcuni impiegati in amministrazione. Come fanno a non sentirsi precari anche i docenti di ruolo quando il proprio team è caratterizzato da un turn over tanto esasperato?
[...]
A scuola, stando alle tabelle pubblicate nel primo capitolo di questo libro, un insegnante su sei è precario: il rapporto arriva a uno su cinque se si considerano anche i supplenti temporanei. Sarebbe una marea, ma non è così. Il dato è molto più devastante sotto ogni profilo, non ultimo quello legato alla dispersione studentesca e all’insuccesso scolastico di un numero consistente di alunni. La proporzione descritta non rende tuttavia l’idea di quanto sia grave la situazione. Le statistiche riescono spesso a edulcorare la realtà e a preservare chi descrive in maniera inesatta certi fenomeni dal rischio di doverne render conto. In realtà è altissimo il numero delle singole classi dove gli insegnanti precari superano la soglia del settanta-ottanta per cento del corpo docente. In alcuni casi si arriva al cento per cento, per non parlare delle scuole dove alla precarietà dei docenti si aggiunge quella del capo d’istituto, che spesso è un “insegnante incaricato”, dei bidelli, del personale amministrativo e degli assistenti di laboratorio. Per non parlare dei tutor e degli educatori prestati dalle cooperative sociali e che vanno e vengono dalle aule. Come se non bastasse, nell’anno scolastico 2009-2010 nelle scuole pubbliche italiane ci sono 182.478 alunni disabili con 90.469 docenti di sostegno. Tuttavia, commenta Legambiente che ha redatto un apposito rapporto, “solo poco più della metà dei docenti che operano con gli alunni con handicap sono docenti stabili e in grado di assicurare un minimo di continuità” . L’altra metà “è costituita da docenti a tempo determinato e quindi con nessuna garanzia di continuità, spesso mancanti della necessaria specializzazione”. Migliaia di docenti senza alcuna abilità riconosciuta, e spesso alla prima esperienza scolastica, vengono chiamati a sostenere bambini e ragazzi affetti da patologie più o meno gravi e spesso stipati negli istituti professionali dove si raggiungono percentuali altissime di alunni con handicap. I licei e gli istituti tecnici non vietano l’accesso ai disabili, ma se i genitori trovano un clima ostile è difficile che iscrivano un figlio disabile in un istituto del genere. Sulla “diluizione” del numero degli alunni disabili in istituti diversi dai professionali è iniziato un dibattito anche all’interno degli enti locali, alcuni dei quali si sono impegnati a sostenere finanziariamente i licei per l’acquisto di supporti che per ora sono appannaggio dei professionali. Ma le buone intenzioni devono ora fare i conti con i tagli alla spesa pubblica e rischiano di rimanere tali.
Illusioni statistiche
È un disastro, ma grazie alla media statistica dei dati relativi al totale dei singoli istituti, la percentuale scende di colpo. Questo perché ci sono classi dove invece la proporzione si capovolge. Ma ciò che conta ai fini di un’analisi seria è la singola classe. L’universo, per gli studenti, è rappresentato dalla classe, non dalla media delle classi. È il consiglio di classe l’organo competente a programmare l’attività didattica, a prendere decisioni di ogni tipo, a promuovere e a bocciare, a stabilire se la scuola ha garantito o meno la continuità didattica e con essa un buon dialogo educativo e formativo. Il consiglio di classe è sovrano e spesso nelle riunioni di inizio anno programma attività destinate a infrangersi contro il turn over. Il valzer dei docenti sovrasta l’armonia del concerto. Ogni insegnante ha un numero multiplo di classi: due, tre, e si arriva anche a diciotto nei tanti casi in cui per la singola materia sia prevista solo un’ora settimanale sulle diciotto previste dal contratto di lavoro degli insegnanti. Se in un istituto in cui lavorano cento docenti (solo) venti fossero precari, e ciascuno di questi avesse cinque, sei, sette classi se non di più, è automatico che la precarietà dei venti andrebbe in metastasi e conquisterebbe in maniera più o meno importante il tessuto del cento per cento delle classi dell’istituto. Poniamo per ipotesi che in tutta Italia ci siano 100.000 classi con l’80 per cento dei docenti assunti a tempo determinato. Servirebbe a poco sapere che in altre 100.000 classi i docenti sono tutti di ruolo. Sarebbe interessante solo per chi ama le medie statistiche. Le classi sono per la precisione 374.946 e poiché sono 140.000 i docenti precari annuali (cui si aggiunge la massa indefinita di supplenti temporanei), ciascuno dei quali ha a sua volta un numero multiplo di classi, non saremmo lontani dalla verità se affermassimo che tutte le classi italiane sono investite dalla precarietà di uno o più insegnanti.
Non servono le illusioni statistiche. Non servono agli studenti e neppure ai docenti precari, con buona pace dei molti maître à penser che ritengono si possa parlare di lavoro temporaneo giustificato da esigenze transitorie. Può essere mai “transitoria” l’esigenza di costituire intere classi con personale in gran parte precario, poi chiamato in massa a esaminare altri studenti agli esami di Stato? “Ogni anno cambio sede di servizio, cioè cambio colleghi, dirigente scolastico, studenti”, ci ha spiegato la professoressa Daniela Rovatti, che si definisce precaria preistorica. “Non riesco mai a progettare un lavoro a lungo termine con i miei alunni, in quanto quasi sicuramente li perderò l’anno successivo. E questa situazione, dopo tanti anni, comincia a pesarmi molto”. Inoltre, […]
Professione docente: Il mondo a parte dei docenti precari:
La recensione
[Su facebook: unavitadasupplente]
Nuovi Mondi, 2010
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Nuovi Mondi, 2010
Non cambierà, non cambierà
Sì, che cambierà, vedrai che cambierà
Se avremo ancora un po’ da vivere
La primavera intanto tarda ad arrivare
[Franco Battiato – Povera Patria]
Precari di classe
Durante un consiglio di classe. «Alzi la mano chi è precario».
«Eh?
«Sì, sì, m’è venuta un’idea straordinaria, non ci aveva pensato nessuno».
«Ma che sta dicendo il collega?»
«Ripeto, alzi la mano chi è precario»
Quella di scienze: «Dai, muoviamoci, abbiamo altri consigli a seguire e la mia baby sitter si piglia dieci euro l’ora».
Quella di matematica: «Fuori ci sono i rappresentanti dei genitori che aspettano, non è corretto farli attendere. Coordinatrice, procedi con il primo punto».
Entra la preside. «Ricordo al docente segretario di verbalizzare che presiedo io, non sbagli come sempre. A che punto siete qui?»
«Avremmo iniziato ma il collega vuole fare la conta».
«Quale conta, professore?»
«Mi era sorto il dubbio che quasi nessuno dei docenti di questo consiglio sarà qui il prossimo anno. Secondo me siamo tutti precari. Oltre a lei, aggiungo con tutto il rispetto».
«Professore non facciamo polemiche, questo è un consiglio di classe»
«Preside mi scusi, è proprio questo il punto».
«Che non è all’ordine del giorno».
«In realtà leggo nel primo punto all’ordine del giorno che dovremmo discutere dell’aderenza dei nostri programmi e del nostro intervento educativo alle linee del Pof, il piano dell’offerta formativa appena approvato dal collegio dei docenti».
«E allora? Il Pof è una cosa seria, con il Pof ci presentiamo alle famiglie, non perdiamo altro tempo».
«Ma se siamo tutti precari, e il prossimo anno nessuno di noi avrà la certezza di essere qui ,che senso ha il Pof per i nostri alunni?»
«Professore, nell’aula insegnanti c’è una bacheca sindacale. Ecco, vada ad appiccicare là le sue lamentele».
«Ma ai sindacati secondo lei importa molto dell’offerta formativa?»
Quello di Religione: «Uff! Vogliamo andare avanti? Preside, ho diciotto classi».
«E t’hanno pure dato gli scatti di anzianità, accidenti allo Stato laico».
Quella di Educazione fisica: «Magari avresti dovuto parlare di queste cose nel collegio docenti, non qui».
«Mi è stato vietato perché non era all’ordine del giorno, bisognava approvare il Pof, e nessuno ha accettato di discutere dei problemi della scuola italiana».
«Professore, non era quella la sede. Ci sono tanti convegni dove può interevenire. La richiamo all’ordine».
Durante il consiglio, sottovoce, mentre la coordinatrice consegna varie copie del Pof ai rappresentanti dei genitori: «Vabbè, se vi va, scrivete “precario” o “di ruolo” accanto a questa copia dell’elenco dei presenti, poi me la riprendo». Fine del Consiglio. Risultato del sondaggio: dodici insegnanti presenti, dieci risultano assunti con incarico annuale, compresi la coordinatrice di classe, al suo ventesimo contratto annuale, l’insegnante di sotegno, il prof di Religione e il docente verbalista che continua a chiedersi: “devo verbalizzare quello che ha detto il collega?”.Solo due sono di ruolo. La preside non è incaricata annuale, a differenza dei tanti professori incaricati di dirigere gli istituti e che transumano periodicamente da un ordine di scuola all’altro. Pure i bidelli sono in massa precari e con loro anche alcuni impiegati in amministrazione. Come fanno a non sentirsi precari anche i docenti di ruolo quando il proprio team è caratterizzato da un turn over tanto esasperato?
[...]
A scuola, stando alle tabelle pubblicate nel primo capitolo di questo libro, un insegnante su sei è precario: il rapporto arriva a uno su cinque se si considerano anche i supplenti temporanei. Sarebbe una marea, ma non è così. Il dato è molto più devastante sotto ogni profilo, non ultimo quello legato alla dispersione studentesca e all’insuccesso scolastico di un numero consistente di alunni. La proporzione descritta non rende tuttavia l’idea di quanto sia grave la situazione. Le statistiche riescono spesso a edulcorare la realtà e a preservare chi descrive in maniera inesatta certi fenomeni dal rischio di doverne render conto. In realtà è altissimo il numero delle singole classi dove gli insegnanti precari superano la soglia del settanta-ottanta per cento del corpo docente. In alcuni casi si arriva al cento per cento, per non parlare delle scuole dove alla precarietà dei docenti si aggiunge quella del capo d’istituto, che spesso è un “insegnante incaricato”, dei bidelli, del personale amministrativo e degli assistenti di laboratorio. Per non parlare dei tutor e degli educatori prestati dalle cooperative sociali e che vanno e vengono dalle aule. Come se non bastasse, nell’anno scolastico 2009-2010 nelle scuole pubbliche italiane ci sono 182.478 alunni disabili con 90.469 docenti di sostegno. Tuttavia, commenta Legambiente che ha redatto un apposito rapporto, “solo poco più della metà dei docenti che operano con gli alunni con handicap sono docenti stabili e in grado di assicurare un minimo di continuità” . L’altra metà “è costituita da docenti a tempo determinato e quindi con nessuna garanzia di continuità, spesso mancanti della necessaria specializzazione”. Migliaia di docenti senza alcuna abilità riconosciuta, e spesso alla prima esperienza scolastica, vengono chiamati a sostenere bambini e ragazzi affetti da patologie più o meno gravi e spesso stipati negli istituti professionali dove si raggiungono percentuali altissime di alunni con handicap. I licei e gli istituti tecnici non vietano l’accesso ai disabili, ma se i genitori trovano un clima ostile è difficile che iscrivano un figlio disabile in un istituto del genere. Sulla “diluizione” del numero degli alunni disabili in istituti diversi dai professionali è iniziato un dibattito anche all’interno degli enti locali, alcuni dei quali si sono impegnati a sostenere finanziariamente i licei per l’acquisto di supporti che per ora sono appannaggio dei professionali. Ma le buone intenzioni devono ora fare i conti con i tagli alla spesa pubblica e rischiano di rimanere tali.
Illusioni statistiche
È un disastro, ma grazie alla media statistica dei dati relativi al totale dei singoli istituti, la percentuale scende di colpo. Questo perché ci sono classi dove invece la proporzione si capovolge. Ma ciò che conta ai fini di un’analisi seria è la singola classe. L’universo, per gli studenti, è rappresentato dalla classe, non dalla media delle classi. È il consiglio di classe l’organo competente a programmare l’attività didattica, a prendere decisioni di ogni tipo, a promuovere e a bocciare, a stabilire se la scuola ha garantito o meno la continuità didattica e con essa un buon dialogo educativo e formativo. Il consiglio di classe è sovrano e spesso nelle riunioni di inizio anno programma attività destinate a infrangersi contro il turn over. Il valzer dei docenti sovrasta l’armonia del concerto. Ogni insegnante ha un numero multiplo di classi: due, tre, e si arriva anche a diciotto nei tanti casi in cui per la singola materia sia prevista solo un’ora settimanale sulle diciotto previste dal contratto di lavoro degli insegnanti. Se in un istituto in cui lavorano cento docenti (solo) venti fossero precari, e ciascuno di questi avesse cinque, sei, sette classi se non di più, è automatico che la precarietà dei venti andrebbe in metastasi e conquisterebbe in maniera più o meno importante il tessuto del cento per cento delle classi dell’istituto. Poniamo per ipotesi che in tutta Italia ci siano 100.000 classi con l’80 per cento dei docenti assunti a tempo determinato. Servirebbe a poco sapere che in altre 100.000 classi i docenti sono tutti di ruolo. Sarebbe interessante solo per chi ama le medie statistiche. Le classi sono per la precisione 374.946 e poiché sono 140.000 i docenti precari annuali (cui si aggiunge la massa indefinita di supplenti temporanei), ciascuno dei quali ha a sua volta un numero multiplo di classi, non saremmo lontani dalla verità se affermassimo che tutte le classi italiane sono investite dalla precarietà di uno o più insegnanti.
Non servono le illusioni statistiche. Non servono agli studenti e neppure ai docenti precari, con buona pace dei molti maître à penser che ritengono si possa parlare di lavoro temporaneo giustificato da esigenze transitorie. Può essere mai “transitoria” l’esigenza di costituire intere classi con personale in gran parte precario, poi chiamato in massa a esaminare altri studenti agli esami di Stato? “Ogni anno cambio sede di servizio, cioè cambio colleghi, dirigente scolastico, studenti”, ci ha spiegato la professoressa Daniela Rovatti, che si definisce precaria preistorica. “Non riesco mai a progettare un lavoro a lungo termine con i miei alunni, in quanto quasi sicuramente li perderò l’anno successivo. E questa situazione, dopo tanti anni, comincia a pesarmi molto”. Inoltre, […]
Professione docente: Il mondo a parte dei docenti precari:
La recensione
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Nuovi Mondi, 2010
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sabato 24 aprile 2010
venerdì 2 aprile 2010
Una vita da supplente
Comunicato stampa
NUOVI MONDI EDITORE
Vincenzo Brancatisano
UNA VITA DA SUPPLENTE
Lo sfruttamento del lavoro precario nella scuola pubblica italiana
Formato 14 X 21 pagg. 352 12,50€ da aprile in libreria ISBN 9788889091722
Una delle più gravi forme di sfruttamento e di discriminazione sul luogo di lavoro si sta perpetuando nella scuola pubblica. È questa la tesi dell’ultimo libro di Vincenzo Brancatisano, Una vita da supplente – Lo sfruttamento del lavoro precario nella scuola pubblica italiana che si appresta a diventare il manifesto dei precari: un viaggio nel mondo del precariato della scuola, il frutto di una lunga inchiesta condotta sul campo, mille denunce documentate che raccontano un fenomeno sociale che ha come protagonisti la scuola pubblica e i propri dipendenti, un fenomeno che sarebbe ritenuto riprovevole e deprecabile se fosse riferito al mercato del lavoro privato. Centinaia di migliaia di insegnanti precari vengono spremuti e mal pagati da un datore di lavoro, lo Stato, che nello stesso tempo scrive leggi contro lo sfruttamento e la violazione dei diritti.
Vincenzo Brancatisano porta ad emersione, forte di una narrazione coinvolgente e spesso sconvolgente, una realtà italiana allarmante: migliaia di lavoratori vengono assunti e cacciati via da scuola anche decine di volte nell’arco di un’intera carriera lavorativa e cambiano ogni anno classi, sedi e colleghi con grave danno per intere generazioni di studenti che, a loro volta, non capiscono il motivo del dissennato valzer di professori cui sono costretti ad assistere in continuazione.
In un clima di vero e proprio mobbing istituzionalizzato, i supplenti sono perennemente umiliati da leggi illogiche e da graduatorie assurde dove non contano il merito e la bravura di chi è chiamato a insegnare, ma criteri mortificanti quale, tra gli altri, la partecipazione a costosissimi corsi per corrispondenza (dalla dubbia attendibilità); l’avere insegnato in sedi situate sopra i seicento metri sul livello del mare consente addirittura di raddoppiare il punteggio di servizio. Le famiglie italiane sanno che lo Stato, con la complicità di ridicoli corsi di riconversione, sta per costringere molti professori di ruolo a insegnare ai propri figli materie di cui non hanno competenze? Brancatisano rintraccia lucidamente i motivi storici e le responsabilità politiche che hanno prodotto la realtà attuale: non solo quelle dello Stato ma anche quelle dei sindacati.
Il capitolo finale fornisce ai precari una speranza concreta di riscatto. Molti Tribunali italiani, ispirati dalla legislazione e dalla giurisprudenza comunitaria europea, stanno dando ragione ai lavoratori vittime di abuso di contratti a termine che si sono svincolati dalla morbida tutela sindacale. Una lunga e ormai inarrestabile serie di sentenze sta mettendo in ginocchio il Ministero dell’Istruzione, condannato a riconoscere gli scatti di anzianità ai precari. Una delle ultime sentenze ha riconosciuto ai precari della scuola che hanno fatto causa allo Stato cifre davvero ragguardevoli che superano le decine di migliaia di euro. Migliaia di precari della scuola sono però ancora all’oscuro di questa opportunità e il libro dimostra senza timore di smentita come di analoghe sentenze potrebbe giovarsi anche il popolo sterminato dei precari degli altri comparti che decidessero di agire in giudizio.
Una vita da supplente – Lo sfruttamento del lavoro precario nella scuola pubblica italiana consegna al pubblico l'immagine scabrosa di un ignorato Mondo a Parte.
Vincenzo Brancatisano (1960) è docente di Discipline giuridiche ed economiche e giornalista. Collabora con La Gazzetta di Modena e altre testate. Nel 1998 ha ricevuto il premio Antonio De Curtis per il libro Di Bella, l’uomo, la cura, la speranza, edito da Positive Press e uscito in edizione inglese per Quartet Books a Londra. È autore di Un po’ di verità sulla Terapia Di Bella (Travel Factory, 1999), Sentenze di vita (Travel Factory, 2000), La scelta di Dionigio (Mondo Nuovo, 2002). È coautore di Di Bella, la sua cura contro il cancro, edito da Zanfi Editore nel 1998. Il suo sito internet è inoltre diventato un punto di riferimento per il mondo degli insegnanti.
Estratti dal libro
““Alcune cavità del suo registro personale consentono al professore, che ci ha appena infilato il pollice di una mano, di aprirlo in corrispondenza di una delle tante classi che gli sono state appena assegnate. Se ha cinque classi gli spetteranno quattro buchi, se ne ha otto occorrerà un registro con sette buchi. Se ha solo due classi, un buco può bastare. Negli ultimi tempi, il buco è stato sostituito da una linguetta adesiva: chi ha detto che le riforme della scuola non riescono mai a far cambiare le cose? Per il professore precario i buchi sono i mesi dell’anno trascorsi in qualità di Estraneo all’amministrazione dopo che l’amministrazione lo ha usato e poi gettato.”
"Se, per protestare, i precari salgono sui tetti, preferendo questa scelta quasi estrema alla più tradizionale occupazione di piazze e cortei vorrà pur dire qualcosa. La situazione ormai esplosiva del precariato scolastico deve farci riflettere sulle responsabilità dei sindacati della scuola, fosse solo per mettere in luce l'inefficacia della loro azione."
“Nulla conosco di elettronica, materia che, nonostante il nome simile, è del tutto diversa da elettrotecnica. Così come un insegnante di elettronica nulla conosce delle applicazioni elettrotecniche: magari conosce l’elettrotecnica di base, ma certamente non le macchine, gli impianti e i sistemi elettrici. È vero che potrei acquistare qualche libro di elettronica, studiare la materia e andare a ripeterla ai ragazzi. Ma l’insegnamento non è certo questo, non è ripetere la lezioncina letta sul libro la sera prima o peggio leggere il libro in classe. Mi chiedo con preoccupazione come potrò insegnare una materia che non conosco…”
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NUOVI MONDI EDITORE
Vincenzo Brancatisano
UNA VITA DA SUPPLENTE
Lo sfruttamento del lavoro precario nella scuola pubblica italiana
Formato 14 X 21 pagg. 352 12,50€ da aprile in libreria ISBN 9788889091722
Una delle più gravi forme di sfruttamento e di discriminazione sul luogo di lavoro si sta perpetuando nella scuola pubblica. È questa la tesi dell’ultimo libro di Vincenzo Brancatisano, Una vita da supplente – Lo sfruttamento del lavoro precario nella scuola pubblica italiana che si appresta a diventare il manifesto dei precari: un viaggio nel mondo del precariato della scuola, il frutto di una lunga inchiesta condotta sul campo, mille denunce documentate che raccontano un fenomeno sociale che ha come protagonisti la scuola pubblica e i propri dipendenti, un fenomeno che sarebbe ritenuto riprovevole e deprecabile se fosse riferito al mercato del lavoro privato. Centinaia di migliaia di insegnanti precari vengono spremuti e mal pagati da un datore di lavoro, lo Stato, che nello stesso tempo scrive leggi contro lo sfruttamento e la violazione dei diritti.
Vincenzo Brancatisano porta ad emersione, forte di una narrazione coinvolgente e spesso sconvolgente, una realtà italiana allarmante: migliaia di lavoratori vengono assunti e cacciati via da scuola anche decine di volte nell’arco di un’intera carriera lavorativa e cambiano ogni anno classi, sedi e colleghi con grave danno per intere generazioni di studenti che, a loro volta, non capiscono il motivo del dissennato valzer di professori cui sono costretti ad assistere in continuazione.
In un clima di vero e proprio mobbing istituzionalizzato, i supplenti sono perennemente umiliati da leggi illogiche e da graduatorie assurde dove non contano il merito e la bravura di chi è chiamato a insegnare, ma criteri mortificanti quale, tra gli altri, la partecipazione a costosissimi corsi per corrispondenza (dalla dubbia attendibilità); l’avere insegnato in sedi situate sopra i seicento metri sul livello del mare consente addirittura di raddoppiare il punteggio di servizio. Le famiglie italiane sanno che lo Stato, con la complicità di ridicoli corsi di riconversione, sta per costringere molti professori di ruolo a insegnare ai propri figli materie di cui non hanno competenze? Brancatisano rintraccia lucidamente i motivi storici e le responsabilità politiche che hanno prodotto la realtà attuale: non solo quelle dello Stato ma anche quelle dei sindacati.
Il capitolo finale fornisce ai precari una speranza concreta di riscatto. Molti Tribunali italiani, ispirati dalla legislazione e dalla giurisprudenza comunitaria europea, stanno dando ragione ai lavoratori vittime di abuso di contratti a termine che si sono svincolati dalla morbida tutela sindacale. Una lunga e ormai inarrestabile serie di sentenze sta mettendo in ginocchio il Ministero dell’Istruzione, condannato a riconoscere gli scatti di anzianità ai precari. Una delle ultime sentenze ha riconosciuto ai precari della scuola che hanno fatto causa allo Stato cifre davvero ragguardevoli che superano le decine di migliaia di euro. Migliaia di precari della scuola sono però ancora all’oscuro di questa opportunità e il libro dimostra senza timore di smentita come di analoghe sentenze potrebbe giovarsi anche il popolo sterminato dei precari degli altri comparti che decidessero di agire in giudizio.
Una vita da supplente – Lo sfruttamento del lavoro precario nella scuola pubblica italiana consegna al pubblico l'immagine scabrosa di un ignorato Mondo a Parte.
Vincenzo Brancatisano (1960) è docente di Discipline giuridiche ed economiche e giornalista. Collabora con La Gazzetta di Modena e altre testate. Nel 1998 ha ricevuto il premio Antonio De Curtis per il libro Di Bella, l’uomo, la cura, la speranza, edito da Positive Press e uscito in edizione inglese per Quartet Books a Londra. È autore di Un po’ di verità sulla Terapia Di Bella (Travel Factory, 1999), Sentenze di vita (Travel Factory, 2000), La scelta di Dionigio (Mondo Nuovo, 2002). È coautore di Di Bella, la sua cura contro il cancro, edito da Zanfi Editore nel 1998. Il suo sito internet è inoltre diventato un punto di riferimento per il mondo degli insegnanti.
Estratti dal libro
““Alcune cavità del suo registro personale consentono al professore, che ci ha appena infilato il pollice di una mano, di aprirlo in corrispondenza di una delle tante classi che gli sono state appena assegnate. Se ha cinque classi gli spetteranno quattro buchi, se ne ha otto occorrerà un registro con sette buchi. Se ha solo due classi, un buco può bastare. Negli ultimi tempi, il buco è stato sostituito da una linguetta adesiva: chi ha detto che le riforme della scuola non riescono mai a far cambiare le cose? Per il professore precario i buchi sono i mesi dell’anno trascorsi in qualità di Estraneo all’amministrazione dopo che l’amministrazione lo ha usato e poi gettato.”
"Se, per protestare, i precari salgono sui tetti, preferendo questa scelta quasi estrema alla più tradizionale occupazione di piazze e cortei vorrà pur dire qualcosa. La situazione ormai esplosiva del precariato scolastico deve farci riflettere sulle responsabilità dei sindacati della scuola, fosse solo per mettere in luce l'inefficacia della loro azione."
“Nulla conosco di elettronica, materia che, nonostante il nome simile, è del tutto diversa da elettrotecnica. Così come un insegnante di elettronica nulla conosce delle applicazioni elettrotecniche: magari conosce l’elettrotecnica di base, ma certamente non le macchine, gli impianti e i sistemi elettrici. È vero che potrei acquistare qualche libro di elettronica, studiare la materia e andare a ripeterla ai ragazzi. Ma l’insegnamento non è certo questo, non è ripetere la lezioncina letta sul libro la sera prima o peggio leggere il libro in classe. Mi chiedo con preoccupazione come potrò insegnare una materia che non conosco…”
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